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Approfondimenti - La Zampogna

 

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Come è nata la zampogna e come si è diffusa nell'Italia Centro-Meridionale? Quanti tipi di zampogne esistono? Come e dove si fabbrica questo strumento di origine abruzzese? Tutte le risposte in questo articolo.  

di Mario D'Alessandro

Un grande filosofo e uomo di scienza francese, Cartesio, affermava: "Mettiamoci d'accordo sui termini e poi ragioniamo". Principio certamente indispensabile nel confronto dialettico su qualsiasi argomento oggetto di discussione su posizioni contrastanti o coincidenti.

Così anche volendo affrontare un dibattito, sereno ed aperto, su uno strumento musicale come la zampogna, sulle sue origini, sulla sua diffusione, sulla sua produzione, sulla sua utilizzazione, sulla sua sopravvivenza e recupero al patrimonio culturale italiano, può essere opportuno stabilire, prima di tutto, cosa si intenda per zampogna e come questa sia caratterizzata e differenziata nell'area dell'Italia Centrale e Meridionale, dove ancora esiste e resiste. Ci riferiamo all'Abruzzo, al Lazio, al Molise, alla Puglia, alla Campania, alla Basilicata, alla Calabria.Delle varie tipologie di zampogna conosciute, prendiamo come riferimento le due che più ci interessano nel nostro ambito territoriale:

1) Zampogna zoppa - strumento musicale aerofono, composto da un otre in pelle di pecora o capra, con tre o quattro canne di diversa misura (da cm. 20 a cm. 60?), terminanti con una campana cosiddetta aperta; caratterizzata dalla mancanza di chiave (metallica) inserita sulla canna sinistra (tòtera maschio); da un insufflatore ('nzufelatore), che comprende le ancie di canna (arundo donax, raccolte solitamente nel mese di gennaio - febbraio in località costiere o sull'Adriatico o sul Tirreno, con una stagionatura minima di 10 - 12 mesi), dette "le prepizie"; il blocco o ceppo (lu ceppàle); da quattro canne. 1) a sinistra totera maschie; 2) a destra (seconda in lunghezza) totera femmene; 3) il bordone, senza buchi , lu "zzone; 4) canna superiore , la più corta, "lu fischiette".

Si costruisce e si suona nell'area dell'Alto Abruzzo - Valle Siciliana o del Mavone (Teramo), nell'Alto Lazio e Sabina (per lo più a tre canne) (appartenente all'Abruzzo fino al 1927).

2) Zampogna vezzanese (da Avezzano) - strumento musicale aerofono, composto da un otre in pelle di pecora o capra; con quattro canne di diversa misura, di cui la più corta è stata resa silenziosa con funzione solo di abbellimento. La parte terminale, detta campana, delle canne di sinistra e di destra presentano un bordo interno che li restringe. Viene denominata "vezzanese" (forma dialettale di Avezzano, dove si costruiva) proprio per questa sua caratteristica, in particolare nella zona di Castellafiume e dintorni.

Chi avesse dubbi sull'origine "abruzzese" di tale strumento, può trovare una significativa testimonianza nell'interessante studio - ricerca "La sposa lamentava e l'Amatrice…" (Pescara, Editrice "Nova Italica", 2001), curata da Piero G. Arcangeli, Giancarlo Palombini e Mauro Pianesi. Giancarlo Palombini, che ha elaborato il cap. 3 "Lo strumento e la vocalità", scrive: "Numerose sono le testimonianze sulla costruzione in loco dello strumento: tutti i suonatori intervistati hanno affermato che i loro antenati, quasi tutti pastori, nelle lunghe ore che passavano a guardia del gregge, avevano tempo per lavorare a coltello i chanters delle ciaramelle, una volta che essi erano stati forati.

Ettore De Carolis riferisce che uno degli strumenti suonati da Francesco Splendori di Anticoli Corrado "è stato fabbricato 50 anni fa ad Amatrice (ex Abruzzo)" (p.69).

Testimonianza di un qualche interesse che contribuisce a sfatare quanto si va affermando da parte di studiosi e appassionati di etno - musicologia, circa la paternità esclusiva di alcune località, una per tutte Scapoli in Molise, riguardo alla produzione di zampogne.

Scapoli, "patria della zampogna", grazie all'attività, peraltro lodevole e apprezzabili del Circolo della zampogna , presieduto da Antonietta Caccia, dando continuità associativa e culturale ad un gruppo politico, che aveva come simbolo la zampogna, sorto per partecipare, purtroppo senza fortuna, ad una consultazione elettorale amministrativa, è riuscito a caratterizzarsi nel campo del recupero e della valorizzazione anche commerciale della zampogna.

Una volta, però, risolta la questione commerciale (con la vendita di numerosi strumenti al mese, fabbricate da artigiani locali) e di promozione turistica del piccolo centro molisano in provincia di Isernia, non è più necessario attestarsi su posizioni di presunta centralità e supremazia esclusiva nella produzione di tali strumenti aerofoni.

Sono, di certo, altamente apprezzabili le iniziative attivate per far conoscere e riproporre la zampogna all'attenzione locale, regionale, nazionale ed internazionale con l'allestimento di un Museo, l'organizzazione della Sagra della Zampogna ogni ultima domenica di luglio, la produzione artigianale di strumenti, anche se non sempre perfetti e in qualche caso approssimati sul piano della qualità se confrontati con prodotti di artigiani, forti d'una più lunga esperienza, di altre aree geografiche.

Va però superata una posizione di presunzione, che rischia di farsi arroganza, quando ci si erge a dispensatori di verità storiche riguardo all'esistenza o meno della cultura musicale e costruttiva della zampogna in altre realtà geografiche come l'Abruzzo e la Puglia, ad esempio. La presenza a Panni (Foggia) di una zampogna costruita con canna e zucca essiccata, che si suona in occasione della festività patronale del paese, testimonia se non altro come alcune ricerche di etno - musicologia, quale quella condotta da Roberto Leydi, che ha escluso la presenza della zampogna in Abruzzo e in Puglia, possa essere tacciata di superficialità e di scarsa affidabilità di documentazione scientifica.

Quanti hanno escluso ed escludono l'esistenza di tali strumenti aerofoni in Abruzzo a vantaggio del Molise (ma un tempo Abruzzo e Molise non costituivano una sola regione con un unico patrimonio culturale?) probabilmente non hanno condotto approfondite ricerche sul territorio. In Contrada Pretara di Isola del Gran Sasso, alle falde del massiccio montano dell'Appennino, vive ancora Egidio Balsami, che conta attualmente 100 anni, (è nato il 5 ottobre 1902), portati ancora bene, il quale è stato un conosciuto artigiano costruttore di zampogne zoppe. Il padre di lui, Domenico Balsami, che è vissuto 84 anni (era nato nel ...) era anche lui un provetto costruttore di zampogne zoppe.

Il figlio di Egidio, Domenico Balsami Junior, che ha 72 anni (è nato nel 1930) è un apprezzato suonatore di zampogna zoppa abruzzese della Valle Siciliana o del Mavone, fabbricata dal padre Egidio che l'ha suonata per anni. E viene ricordato Franco Trasatti, scomparso all'età di 73 anni, negli anni 20, sempre della stessa località che era noto per la sua attività artigianale di costruttore di zampogne zoppe, attività ripresa ora dal pronipote Nevio Di Michele nella stessa Isola del Gran Sasso.

Una testimonianza di particolare interesse viene da Berardo Giovannetti, del 1928, di Cepagatti, dove abita in Via Faioli, che, uno degli ultimi pastori della transumanza, ricorda quanto il padre gli raccontava riguardo al nonno, di cui porta il nome, morto all'età di 72 anni nel 1931, che viveva a Macchia Tornella, frazione di Cortino (Teramo), suonasse abitualmente la zampogna durante le feste di campagna. Nonno Berardo, si fabbricava da solo gli otri di pelle di capra o di pecora, mentre utilizzava dei "legni" (insufflatore, ceppo, canne), che costruivano artigiani della zona. La zampogna da lui utilizzata era del tipo definita zoppa.

 

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