Tratto da:

Origine e
storia
La funzione e l’ambiente
sono le matrici prime ed uniche sia della morfologia che della “forma mentis”
del cane da pecore dell’Abruzzo. L’inizio della selezione di questa razza è
avvenuto migliaia di anni fa, quanto cioè l’uomo delle montagne abruzzesi ha
cominciato ad allevare pecore ed ha capito che per proteggere i suoi tesori
contro i predatori poteva avvalersi magnificamente della collaborazione di chi
inizialmente era stato un predatore. I primi cenni storici certi in cui il
Cane abruzzese viene descritto nell’attuale configurazione si hanno nel “De
agricultura “ di Columella, del secondo secolo avanti Cristo. Il saggista latino
consiglia i suoi conterranei a prendere esempio dai popoli Marsi, Equi, Peligni
,Frentani che invece degli uomini usano per la custodia delle greggi una razza
di cani grossi, feroci, bianchi con lunghi peli irti e gli occhi come carboni.
Essi, dice, non abbandonano mai le pecore anche di fronte all’assalto di lupi ,
orsi e ladri; sopportano la fame, la sete e il freddo e sono molto meno costosi
e molto più fedeli degli schiavi che mangiano tanto, si ammalano facilmente ,
rubano e fuggono al primo sentore di pericolo. La selezione era già avvenuta. Ma
le più antiche testimonianze dell’uomo pastore rinvenute in Abruzzo datano a
parecchie migliaia di anni prima degli scritti di Columella. Il termine di
riferimento nella formazione e nella valutazione di questa razza non è l’uomo o
altra razza di cani, ma la pecora abruzzese e i suoi tradizionali predatori: il
lupo e l’orso bruno marsicano.
Classificazione
scientifica: Cane appartenente al gruppo
lupoide, Mesomorfo, Submesocefalo.
Classificazione utilitaria:
Cane da gregge.
- Il cane è un “pesante” mesomorfo. - L’altezza
,nei maschi oscilla tra i cm 69 e 73, e il peso va dai 50 ai 55 kg . Nelle
femmine l'atezza oscilla tra i 63 e 67 e il peso di circa 40/45 kg con una
tolleranza in ambedue i casi di un centimetro in più o in meno, quando il
soggetto presenta notevole armonia d’insieme; - Il rapporto lunghezza-altezza
deve essere tale che il cane risulti appena fuori del quadrato, non superiore a
X+X/18, nè inferiore a X+X/20 ; - Il torace ampio e il petto largo; - Le
reni larghe ; - E larga deve essere la groppa e poco avvallata, di modo che
la coda risulti inserita in alto, sbandierata quando il cane è in eccitazione
; - La linea dorsale deve essere parallela all’appoggio; - Gli arti
robusti, proporzionati, ben appiombati e giustamente angolati ; - Il collo
non lungo e molto robusto; - La testa, troncopiramidale , proporzionata al
corpo, non sarà mai di lunghezza superiore ai 4/10 dell’altezza, né inferiore ai
3,5/10 di essa; l’indice cefalico totale espresso in percentuale oscilla tra
51,5 e 55 ; la lunghezza del muso è sempre abbondantemente inferiore alla
lunghezza del cranio; l’angolo della depressione naso – frontale è molto
aperto, mai inferiore a 120 gradi sessagesimali; Gli assi cranio facciali
leggermente divergenti La dentatura molto robusta. Gli occhi a mandorla e
le orecchie piccole e attaccate alte - Il pelo è lungo, irto e bianco
candido; le mucose oculari e labiali sono nere; le unghie e le piante dei
piedi scure, come scuri sono anche gli occhi; - Il dimorfismo sessuale è
notevole, sia fisicamente che nel comportamento. Caratteristica del maschio
adulto è un ampio collare di pelo che a volte diventa criniera , coprendo tutto
il torace. - Nei maschi l’insieme è maestoso.
I concetti sono
essenzialmente quattro: 1. Assoluta mancanza di istinto predatorio e di ogni
forma di aggressione nei confronti degli ovini, concetto che si perfeziona
nell'istinto di protezione e di fratellanza nei loro riguardi. Per un
allevatore di ovini, spesso fittavolo, le pecore rappresentano quasi sempre il
suo unico capitale ,attorno a cui ruota e da cui dipende la sua vita e quella
dei suoi familiari. Ciò dà la dimensione del legame che esiste tra lui e i suoi
animali, e il detto evangelico "" Il pastore conosce una ad una le sue pecore ed
esse lo conoscono"" non è solo una metafora. Da qui l'estrema necessità di
selezionare accuratamente tutto ciò che può venire a contatto con le proprie
pecore, per evitare qualunque cosa possa rappresentare una minaccia a quanto
garantisce la sopravvivenza della sua famiglia. Il cane deve essere di
assoluta fiducia , deve essere tale da garantire le pecore da ogni pericolo e ,
come il pastore, deve conoscere le pecore una ad una e deve essere da esse
conosciuto e riconosciuto come tutore .
La garanzia dell'incolumità del
gregge è data dalla razza pura; il cane deve essere bianco
candido. All'arrivo di una cucciolata va messa ogni cura per individuare il
più piccolo segno che faccia pensare anche lontanamente ad un
meticciamento. Il verificarsi di questa possibilità comporta l'immediato
allontanamento dei piccoli dal gregge, e nel duro mondo della pastorizia bocche
inutili non si possono mantenere. ""Hommene ruscie i cane pezzate
s'hann'accite appena nate"". Il perché gli uomini rossi verrà trattato in
separata sede.
Perché bianco? - Derivante forse dall'addomesticamento
di selvatici dal pelo candido avvenuto a cavallo delle glaciazioni. Quasi
tutti i podolici del sud Italia hanno le medesime caratteristiche: pelame
bianco, mucose nere, iride e parti cheratinose molto scure. - Bianco è
bello. - Bianco è mistico, e i montanari abruzzesi hanno uno spirito
religioso molto profondo. - Bianco è pratico ,facilita il controllo della
razza; è lo stesso colore della lana delle nostre pecore. Nella
concitazione e nella confusione di un attacco di lupi un cane bianco non può
essere assolutamente scambiato per un lupo, né dal pastore , né dalle
pecore. - Bianco è… così ce l'hanno lasciato i nostri padri.
Carattere e
comportamento
Il cane va immesso
fin da cucciolo tra le pecore, e il periodo migliore è quello dello
svezzamento. Deve imparare subito le norme comportamentali e le regole
dell'azienda e deve imparare a scegliersi giorno per giorno il suo ruolo e ciò
per tutta la sua vita. Non deve essere pauroso ,non deve essere isterico, non
deve rincorrere gli agnelli e gli altri animali della fattoria ,non deve
ululare, non deve lottare con i cani della propria muta in presenza delle
pecore, non deve fare nulla che possa creare paura e panico , che è il guaio
peggiore che possa capitare in un gregge. Il cane deve essere sicuro di se e
rassicurante per gli altri; deve essere calmo, sornione; deve saper dissimulare
il suo stato di tensione; in presenza delle pecore deve essere composto nei
movimenti , deve muoversi con solennità; deve essere anche duro e spietato con
chi non si comporta allo stesso modo. Capita spesso di vedere un adulto che
punisce severamente un giovane che ha derogato alle regole. Questo non vuol
dire che non debba essere allegro ed affettuoso, specialmente da giovane; la
maturità fisica arriva di media dopo i due anni e mezzo. Deve osservare a
lungo le pecore, deve starci in mezzo più a lungo possibile, deve dormirci
insieme, deve fraternizzare con esse, deve leccare gli agnelli, deve sentire
le pecore cosa propria, disposto a qualunque sacrificio per difenderle. E le
pecore questo lo sentono. Ne nasce un bisogno reciproco. Questo legame si
chiama rapporto mastino: "" non figlio dello stesso ventre, ma figlio dello
stesso seno""; fratello di latte, inseparabile. Il cucciolo va nutrito prima
possibile con latte di pecora. Nella razza non c'è assolutamente posto per
soggetti che richiamino anche lontanamente il lupo: un cranio affusolato, un
muso da lupo , uno sguardo lupino, un orecchio troppo dritto, un pelo corto e
sfumato, un ventre eccessivamente retratto, un petto stretto, un piede
allungato, un occhio gialliccio ,un collo sottile, sono tutti elementi che
parimenti alle pezze possono far supporre istinti rappresentanti una minaccia
all'economia pastorale e quindi non ammissibili. "" Dura lex, sed lex:""
Viene negata la possibilità di esistere. Il cane da pecore abruzzese non deve
assolutamente avere tratti somatici o comportamenti somiglianti anche
lontanamente a quelli del lupo.
2. Ristretto campo di azione di azione.
Questo termine va inteso sia in senso stretto,cioè fisico, sia in senso lato,
cioè attitudinario.
A- In senso fisico. Il cane deve agire in un'area
molto ristretta , limitata alla proprietà aziendale o all'area coperta dal
branco di pecore al pascolo in movimento, comunque mai oltre il centinaio di
metri dal gregge. Questo è molto importante; ottenere tale comportamento è
stato sicuramente il lavoro più arduo e il risultato più lusinghiero nell'opera
di selezione. La pecora di razza abruzzese, vissana, sopravissana, gentile,
pagliarola, e in genere tutte le merino ,pascolano abbastanza raccolte e in caso
di minaccia, invece di fuggire, si ammucchiano attorno a qualcosa che dia loro
sicurezza, oppure al centro di ampi spazi aperti, in tal modo il loro controllo
da parte dei cani o del pastore viene molto facilitato. Quando le prede sono
protette , i lupi sono soliti attaccare in gruppo, con ruoli differenziati
nell'azione: c'è chi provoca e distrae i cani e c'è chi aggredisce il
bestiame. Un cane incauto verrebbe attirato lontano dal gregge con il
risultato di lasciare le pecore in balia dei predatori e di venire sicuramente
ucciso egli stesso. Il cane abruzzese ,solo o in gruppo, si stringe nella
difesa addosso alle pecore cercando di evitare ad ogni costo che i lupi
penetrino nel loro cerchio, intervenendo rapidamente dove maggiore è la
necessità. Mai i cani, anche se in buon numero, devono lasciarsi andare alla
seguita lasciando le pecore senza difesa e senza un punto di riferimento, in
preda al panico.
B- In senso attitudinale .Il cane abruzzese è stato
creato esclusivamente per la custodia delle pecore. Se riesce a rendersi utile
anche in altri campi, non ha alcuna rilevanza. E' vero che essi vengono
impiegati nella guardia di proprietà o nella caccia ai lupi e ai cinghiali con
ottimi risultati, sono anche in grado di stanare e uccidere le prede; mai
però utilizzare per impieghi molteplici cani addetti al gregge, sono soggetti a
stimoli e tentazioni che possono distrarli dal loro lavoro. La tradizione li
vuole immessi al lavoro già in tenera età per essere più a lungo modellati
dall'ambiente e dall'esempio degli adulti e facciano subito della vita del
gregge il motivo della loro esistenza. Il cane toccatore impone alle greggi
determinate direzioni di movimento con la minaccia e
l'aggressione. Pretendere da un Cane abruzzese di guatare o aggredire una
pecora è richiedere cosa contro natura . Non solo non può essere utilizzato come
toccatore, ma rimane difficile anche farli convivere con i toccatori, proprio
per contrapposizione e incompatibilità di ruoli.
3. Autonomia operativa.
Il vocabolo ""Autogestione"" ha insito il concetto di raziocinio, che
non ammettiamo negli animali, ma in mancanza di un termine più calzante, nel
caso specifico lo usiamo per indicare la capacità che un Cane Abruzzese ha di
eseguire autonomamente il lavoro di custodia del gregge con
iniziative differenziate nella differenza delle circostanze, soprattutto in
assenza del fattore uomo. Anzi, è riscontrato che la presenza del padrone
spesso inibisce il cane. Il mondo pastorale abruzzese ha avuto da sempre due
tipi di situazioni imprenditoriali molto differenti tra loro:
- La
grande masseria, a carattere transumante, con diverse migliaia di capi di
bestiame ,dove l'organizzazione dell'azienda prevede ruoli specializzati e
fissi, con personale assunto e mute di cani di numero rilevante che lavorano
sempre a contatto con l'uomo , salvo nelle ore notturne, quando il bestiame è
ricoverato negli stazzi. Nella grande azienda il rapporto tra cani e pecore è
di uno a cento , centocinquanta. La selezione genetica e lo standard sono
garantiti dal numero dei cani e dalle leggi di natura, dove la forza e l'astuzia
fanno di un cane un capo , il solo con il compito e il diritto di riprodursi e
trasmettere i propri geni ,il razzatore. E' chiaro che l'intervento dell'uomo
nel controllo delle razza si limita alla necessaria e spietata eliminazione dei
soggetti non idonei e alla immissione di sangue nuovo nelle mute ,eseguita con
l'introduzione periodica e costante di femmine provenienti da altri allevamenti.
Il rapporto dei cani con i pastori avventizi prezzolati e con breve permanenza
nella masseria non è quasi mai ottimale, salvo rari casi; si limita alla
reciproca sopportazione nel rispetto rigoroso dei ruoli. Il rapporto tra i
cani è regolato da una rigida gerarchia stabilita da continue e spesso
sanguinose verifiche di dominanza. Un capo non ha mai la certezza del proprio
dominio sugli altri, egli deve imporla e mantenerla ogni giorno. Nella muta le
baruffe sono frequenti, sia tra maschi che tra femmine, raramente però durante
il lavoro. L'ambiente e la durezza del lavoro completano la selezione. Il
freddo , il caldo, la fatica, le ferite, le malattie, la fame eliminano i deboli
e temprano i più robusti e l'istinto di sopravvivenza ne fa campioni nell'arte
di arrangiarsi, a spese di tutti , mai delle pecore.
-La piccola realtà
allevatrice, stanziale, familiare, necessariamente complementare e parallela ad
altre attività , dove la cura del bestiame è per la gran parte del tempo
affidata alle donne , ai ragazzi e soprattutto ai cani. Le bocche da sfamare
non possono mai essere tali da rompere il rapporto ottimale costi-ricavi. Il
numero dei cani difficilmente supera i due per ogni famiglia quasi sempre maschi
e fratelli, nel caso si abbia il terzo ,è una femmina. In questa circostanza
è l'uomo che massimamente incide, anzi determina la qualità dei cani e di
conseguenza la razza. E' l'uomo che stabilisce gli accoppiamenti, sceglie i
periodi per il parto, seleziona i cuccioli, li addestra al lavoro, li premia e
li punisce, li nutre e li cura coadiuvato dagli altri cani, insieme a tutta la
famiglia. Il rapporto uomo cane diventa più intenso. E' qui che il cane
impara a considerare le pecore come proprietà. E' in questa realtà che
l'uomo, impegnato anche in altre attività, si trova molto spesso nella necessità
di affidare il gregge alla sola custodia del cane. E il cane è là , sempre
vigile e sempre disponibile. Si guarda e si coccola le sue protette, e le pecore
lo sanno. Capite perché tanta cura nello scegliere e allevare un cane, uno della
famiglia; uno che la sera può dire a ragione ""oggi anch'io ho tirato avanti la
carretta."" S'è visto più di una volta chi piangeva la morte del proprio
cane. E' la vita fianco a fianco con l'uomo di montagna, duro con se stesso e
con gli altri, nelle gioie e nei sacrifici, che modella il cane, lo ragguaglia e
lo rende capace di agire nella custodia del gregge in sostituzione del
padrone. "All'abbiata" il cane non deve mai seguire il padrone e lasciare le
pecore. Il piccolo allevatore non si contenta del primo arrivato, il cucciolo
se lo va a cercare dove sa di poter trovare "" robba "" di prima qualità. A
questa scelta sono legate troppe cose. Si preferisce far accoppiare le cagne
alla fine di novembre o i primi di dicembre: I cuccioli arrivano in febbraio,
restano nella tana o nella stalla fino a marzo e poi…fuori! al sole fino al
novembre successivo. L'arrivo dell'inverno li trova già robusti e forti , a
dieci mesi neve e gelo gli fanno un baffo. Mai catena ficett bon cane, dice
un vecchio adagio trasaccano. Un pastore in Abruzzo non tiene mai a catena il
suo cane, è un segno di fiducia. E' contro le regole. La catena è per i
vigliacchi, per impedir loro di fuggire davanti al pericolo. La catena è per
i malfattori, per impedir loro di fare del male. La permanenza prolungata
alla catena sconvolge l'equilibrio del cane e lo rende un potenziale pericolo;
gli toglie la vita di gruppo; gli inibisce il senso della proprietà, la capacità
di valutazione del pericolo, la possibilità di scegliere il miglior modo per
affrontarlo; gli lascia solo la possibilità di abbaiare e di
intristire.
4. Struttura fisica idonea per affrontare i predatori delle
greggi e le condizioni dell'ambiente di vita e di lavoro.
Per ritenere il
cane un valido strumento di difesa contro i predatori bisogna riscontrargli
qualità e mezzi tali da riuscire egli stesso motivo di timore per il ladro, il
lupo o l'orso. Gli necessità perciò una struttura fisica adeguata e notevoli
doti di agilità e coraggio. Un buon numero di cani riesce normalmente ad evitare
tanti guai; dove non ci si può permettere il numero si supplisce con la
qualità. La struttura del cane è tale da risultare non solo un deterrente per
il lupo, ma anche un elemento rassicurante per le pecore. Le pecore di razze
originarie dell'Abruzzo , tolta la pagliarola, più bassa, hanno un'altezza media
oscillante tra i 63 e i 68 cm .Il lupo appenninico ha grosso modo la stessa
altezza; qualche bel maschio arriva fino ai 70. Un buon cane deve essere
sicuro, e la sicurezza gli viene dalla consapevolezza della rispondenza dei
propri mezzi alla funzione; gli necessitano quel minimo di 70 cm di statura
con un cinquantacinque-sessanta chili di muscoli che gli garantiscano almeno la
parità con un buon lupo e gli assicurino il controllo e la fiducia delle
pecore. Due o tre cm in più gli danno maggiori possibilità, ma andare oltre
significa rompere un preciso e severo equilibrio di masse e risulterebbe invece
penalizzante. Il lupo deve la sua sopravvivenza a cinque fattori importanti
del suo modo di essere: -- Fiuto del pericolo e scaltrezza nell'
evitarlo, -- Capacità di adattamento alle più dure e diverse condizioni di
vita, -- Mobilità estrema, -- Agilità impressionante. --
Socialità. La realtà montana abruzzese non permette l'esistenza di grossi
branchi di lupi, il loro peso inciderebbe eccessivamente sull'ecosistema
causando uno squilibrio sia ambientale che economico. Raggruppamenti di
quattro o cinque soggetti avviene per brevissimi periodi solo al tempo degli
accoppiamenti. Di norma i lupi abruzzesi vivono solitari o a coppie; le
cucciolate si separano per motivo di spazio vitale dopo il primo anno. La
tecnica di aggressione del lupo è il mordi e strappa , con attacchi rapidi e
continui, cercando di apportare maggior danno all'avversario e nello stesso
tempo riceverne il meno possibile, restare gravemente ferito o mutilato per un
selvatico è quasi sempre la morte. Solo quando la preda è completamente
sfinita e non più in grado di nuocere, solo allora egli accetta il corpo a
corpo. Un cane deve essere quel tanto agile da poter parare gli attacchi del
lupo e quel tanto massiccio da portarlo a cercare immediatamente il corpo a
corpo dove la sua mole maggiore ha più possibilità di riuscire. La forma
della sua testa , del suo muso, della sua dentatura e del suo apparato
respiratorio devono essere tali da permettergli, una volta afferrato
l'avversario in un punto vitale,di mantenere la presa il più a lungo possibile,
pena la morte. Polmoni voluminosi, narici larghe, fasce dei masseteri ampie,
mascella corta e potente con dentatura proporzionata, collo quel tanto corto da
permettere un buon movimento del corpo e sopportare anche notevoli pesi; tronco
e groppa larghi con arti e appoggi adeguati sono strettamente necessari. Il
selvatico limitato nel movimento è facile vittima dello stress e del panico e
perde più facilmente del cane il controllo di se. Il lupo ha pazienza
infinita ma solo nella caccia . E' anche vero che i cani hanno terrore del
lupo. I due eterni nemici raramente arrivano ai ferri corti, solo la fame può
costringere un lupo ad avvicinarsi ad un gregge guardato da buoni cani e correre
certi rischi. La maggior parte delle volte si tratta di provocazioni e di
abbaiate furiose, più rumorose che dannose, è sempre la presenza dell'uomo con
il bastone o con il fucile ad avere l'ultima parola. Non mancano però
racconti di fatti con esiti diversi , veri o favole, prima che arrivasse la
televisione, essi riempivano tante serate della gente di montagna. " Paese
di origine: Abruzzo (Italia)
pagina estratta da uno scritto di Marco Petrella sui pastori
Abruzzesi.
IL CANE PASTORE ABRUZZESE Tipi e Sottotipi
Il pastore Abruzzese è una razza
che presenta differenti soggetti diversi tra di loro. Negli anni passati si è
tentato di uniformare questi cani ad un unico standard così come avvenuto per
altre razze che però avevano avuto una storia diversa dal pastore
Abruzzese. Se da un lato la cinofilia ha portato ad una maggiore conoscenza e
valorizzazione di questo cane, il tentativo di uniformare questi cani ad un
unico standard ha portato alla scomparsa di numerosi tipi e sottotipi presenti
nelle diverse aree d'Abruzzo e selezionati in base a quello che il luogo ed i
pastori richiedevano. Esistono differenze morfologiche molto marcate tra
soggetti presenti in una o un'altra area d'Abruzzo tale da far ritenere ai vari
allevatori che il loro cane era il genotipo della razza. In realtà questo
cane ha sempre avuto differenti tipologie di cani e non ha mai avuto cani in
tutto e per tutto simili tra di loro. Comunque si può affermare che i tipi
più rappresentativi sono:
 Esemplare Marsicano
|
Il tipo Marsicano
dalla testa imponente che ricorda quella di un
leone. Si tratta di un cane dalla Struttura robusta con un grosso petto ma di
taglia non eccessiva intorno ai 70/75 cm al garrese ed un peso tra i 40 ed i
60kg. Questi cani hanno, in genere, la dentatura "a forbice". Presente
prevalentemente nei comuni della Marsica è attualmente uno dei tipi più
utilizzati per la riproduzione.
|
 Esemplare Aquilano di proprietà
del sig. Marco Petrella
|
Il Tipo Aquilano
Si tratta di un tipo dalla struttura imponente e
dalla testa grande ma più lunga di quella del tipo Marsicano. I soggetti
appartenenti a questo tipo hanno un'altezza al garrese tra i 75 e gli 83 cm ma
in alcuni casi ci sono stati esemplari con misure maggiori ed un peso tra i 60 e
gli 80kg. Questo cane era molto diffuso nei paesi attorno al Gran Sasso e
nella valle Peligna. I soggetti di questo tipo hanno da giovani un aspetto
longiforme, simili a dei piccoli vitellini con i loro lunghi e robusti arti, che
scompare verso i 3 anni quando completano lo sviluppo ed assumono un aspetto
imponente. Questi cani hanno, in genere, la dentatura "a
tenaglia". |
 Pippo: esemplare maschio di Edorado Puglielli,
Pratola
|
Il tipo di Pescocostanzo
Questo cane ricorda gli attuali cani presenti
nelle esposizioni attuali ed è un tipico cane da lavoro. Molto più piccolo
degli altri tipi ha la testa lupoide ed un carattere molto territoriale da farlo
molto apprezzare per il lavoro. I soggetti di questo tipo hanno un'altezza
intorno ai 68/72 cm al garrese ed una struttura non eccessivamente robusta se
rapportata al tipo Marsicano. |
 Esemplare di Marco Petrella Pratola P.
(AQ)
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Il tipo della Maiella
Presente sopratutto nei comuni della fascia
pescarese è una via di mezzo tra il tipo Aquilano e quello di Pescocostanzo con
una struttura simile al tipo Aquilano e con una testa che ricorda il tipo di
Pescocostanzo. In alcuni soggetti la testa ricorda quella di un orso. Una
delle caratteristiche che ha fatto apprezzare molto questi cani è la presenza di
un folto collare di peli attorno al collo ed alla parte alta del petto. In
alcuni soggetti la criniera lunga ed il petto molto sviluppato conferiscono ai
cani l'aspetto di un leone. |

|
Il tipo Peligno
Molto simile all'Aquilano di cui si
differenziava più per il carattere, era molto diffuso fino agli anni '50. La
scomparsa del lupo e del numero di pastori ha portato ad una sua graduale
riduzione. Si tratta di un cane dalla struttura imponente (si parla di
soggetti che pesavano anche 100kg) con un folto pelo ed una forte pigmentazione
nera delle mucose e la presenza dello sperone negli arti posteriori. La
testa, grande ma non molossoide, ricorda quella di un Orso. Questi cani erano
molto dediti al lavoro e non lasciavano avvicinare al loro gregge nemmeno le
pecore di altri greggi. |
|
Il tipo a pelo raso
Praticamente estinto, era presente sulle
montagne della Maiella e del Morrone ed aveva il pelo raso. Di struttura
imponente, aveva la testa che ricordava il tipo Marsicano (molossoide) e la
struttura simile al tipo Aquilano. Qualche esemplare si poteva osservare
ancora alle falde della Maiella nei greggi dei pastori presenti a passo San
Leonardo e nei pressi del bosco di S. Antonio. |
|
Il Tipo Maremmano
Questo cane è, malgrado il nome, anch'esso
originario dell'Abruzzo. da cui probabilmente ha avuto origine. Pur
essendo di taglia non eccessiva è molto più aggressivo degli altri soprattutto
con le persone. Questo cane, molto simile al tipo di Pescocostanzo, ha avuto
origine da alcuni esemplari che i ricchi proprietari terrieri Toscani avevano
riportato dall'Abruzzo. In origine questa razza era formata per lo più da
esemplari "scartati"(1) in Abruzzo con taglia piccola ed evidenti macchie color
arancio sul pelo. Gli appassionati Maremmani seppero però far diventare un
pregio quello che per i pastori Abruzzesi era visto come un difetto promovendo
questo tipo di cane da farlo diventare una nuova razza. Ma il fascino per gli
Abruzzesi era tale che loro non seppero rinunciare ad incrociare con esemplari
d'Abruzzo rimescolando le linee e creando un cane molto simile
all'originario. Fu così che nei primi anni 50 lo standard venne uniformato ed
i cani vennero chiamati Maremmani-Abruzzesi. Purtroppo la maggior parte degli
appassionati che promossero la stesura dello standard erano persone non
Abruzzesi che per non penalizzare i loro cani definirono uno standard che poco
aveva a che vedere con alcune linee di cani presenti in Abruzzo assai più grandi
di quello che lo standard prescriveva. |
(1) note: Il
fascino dei pastori abruzzesi ha sempre esercitato una notevole attrazione tra
i ricchi proprietari terrieri della Maremma che utilizzavano questi cani come
guardiani dei loro poderi. L'estrema gelosia dei pastori d'Abruzzo per i loro
cani faceva si che questi erano assai reticenti a dare loro esemplari a persone
di altre regioni. Le guerre per i pascoli erano molto frequenti e questi cani
erano dei veri e propri soldati che combattevano per i loro pastori che mal
tolleravano la possibilità che loro esemplari potessero passare nelle file di
quello che poteva essere un loro nemico. Spesso, l'unico modo per avere
questi cani era quello di lasciare delle femmine in calore nei pressi dei
migliori esemplari con il risultato che alla fine uscivano fuori degli esemplari
simili all'Abruzzese ma con evidenti difetti. Molti pastori erano soliti dare
dei cani con evidenti difetti dovuti ad incroci sbagliati per continuare ad
avere quelli che ritenevano i migliori esemplari solo per loro.
Oltre a questi tipi principali esistevano altri
sottotipi selezionati per varie caratteristiche dai vari pastori presenti in
Abruzzo.
Senza coda. |
Simile al tipo di Pescocostanzo di
cui è un sottotipo si differenzia da questo per l'assenza della
coda. |
Tipo Pezzato. |
Questo tipo deriva probabilmente
dall'incrocio del pastore Abruzzese con i cani Corsi. I Corsi erano dei
grossi molossi messi a guardia dei casolari di alcune famiglie. L'incrocio
con questi cani portava alla nascita di esemplari di grosse dimensioni e dal
pelo pezzato, bianco e nero. Questo tipo d'incrocio era molto diffuso tra i
pastori d'Abruzzo ed è molto diffuso anche in altre nazioni tipo la Spagna, dove
gli esemplari nati da questi incroci, vengono riconosciuti anche nello standard
del Pirenaico. |

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Tipo baffuto
Presente soprattutto nella zona di Castel del
Monte si contraddistingue dalla presenza di una folta peluria sul muso. Si
tratta di un cane con una linea di sangue non pura dovuta all'influsso di cani
non Abruzzesi. nella foto esemplare fotografato sul Gran Sasso di cui non si
conosce il proprietario |
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Tipo a naso rosa
Questo tipo era formato da soggetti
completamente depigmentati e dalla struttura molto imponente. I soggetti
erano molto simili al tipo Marsicano ma se ne differenziavano per la totale
assenza di pigmentazione. Questa caratteristica è presente, molto raramente,
anche in altri soggetti delle altre linee. |
Un altro carattere di differenziazione è legato
al mantello che si presenta in differenti modi: è molto difficile
classificare i vari tipi di mantello essendoci differenze anche tra cane e
cane. In genere i più comuni sono quelli con il mantello Liscio, Leggermente
increspato o riccio. L'esemplare a pelo raso è praticamente
estinto.
 Ercole
Curino: Proprietario Rocco Di Fiore.
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